Con sentenza n. 7524 dello scorso 23 marzo la Corte di Cassazione ha stabilito che il licenziamento di un lavoratore diventato inabile alle mansioni è legittimo solo se non è in grado di svolgere alcuna attività prevista in azienda.
I Giudici, accogliendo il ricorso di un dipendente divenuto inabile alle mansioni per le quali era stato assunto durante il rapporto di lavoro, poi licenziato dall’azienda per giustificato motivo oggettivo a causa dell’aggravamento delle condizioni di salute che rendeva impossibile il suo utilizzo in qualsiasi attività aziendale, hanno sostenuto che il licenziamento del lavoratore assunto ai sensi della legge 68/1999 è legittimo solo in presenza della perdita totale della capacità lavorativa, ossia di una situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti. Il relativo accertamento compete all’apposita commissione medica aziendale di cui alla l. n.104/1992, la quale deve altresì verificare l’impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti all’organizzazione del lavoro, il disabile all’interno dell’azienda.
Ciò può trovare applicazione anche per chi subisce l’invalidità successivamente all’assunzione, per aggravamento di una precedente patologia o per insorgenza di un’incapacità a determinate mansioni. Inoltre, qualora venga accertata da parte della Commissione medica la sussistenza di un residuo spazio di utilizzabilità delle prestazioni del lavoratore, quest’ultimo ha diritto alla conservazione del posto e il datore di lavoro, quindi, non potrà licenziarlo.
fonte: ANMIL