La tragedia di Messina: ancora vittime nella cisterna killer

La tragedia di Messina, con la morte di tre operai e tre feriti di cui uno gravissimo che lavoravano all’interno della cisterna a bordo del traghetto ormeggiato nel porto della città siciliana, riporta in primo piano il problema della tutela dei lavoratori che operano nei cosiddetti “ambienti confinati”, che con drammatica periodicità mietono vittime innocenti in varie parti del Paese.

Con il termine “ambiente confinato” s’intende un luogo circoscritto, totalmente o parzialmente chiuso, che non è stato progettato e costruito per essere occupato da persone, ma che – all’occasione – può essere impiegato per l’esecuzione d’interventi lavorativi (quali l’ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia) in cui il pericolo di morte o di infortunio grave è molto elevato, a causa della presenza di condizioni di pericolo per le sostanze che possono esalare gas mortali.

Gli spazi confinati (serbatoi, cisterne, vasche di raccolta acque piovane o liquami, silos, stive di imbarcazioni, recipienti, reti fognarie, ecc.) sono spesso teatro di incidenti mortali e infortuni gravi, a volte ulteriormente aggravati da un soccorso inadeguato e improvvisato. È normale infatti immaginare che ci sia uno spontaneo moto d’intervento quando si vede un collega in difficoltà, ma la catena di solidarietà umana porta spesso a compiere gesti estremi che, di fatto, non fanno altro che incrementare il numero delle vittime. Nelle statistiche nazionali ed internazionali, oltre il 50% delle vittime è rappresentato, infatti, dai soccorritori. E questa percentuale è sostanzialmente confermata anche dalla dinamica degli incidenti che si verifica periodicamente nel nostro Paese, compreso quello di Messina.

In merito agli aspetti quantitativi del fenomeno esistono studi specifici effettuati “ad hoc” sulle varie tragiche vicende che si sono susseguite in questi ultimi anni nel nostro Paese. Tra le più interessanti, un’indagine effettuata da alcuni esperti INAIL relativamente agli anni 2005-2010 che noi abbiamo provveduto ad aggiornare con quelle relative agli anni successivi, compreso quello in corso, per fornire informazioni utili sulle dimensioni e sulle circostanze determinanti del fenomeno. Complessivamente, nel periodo 2005-2016 (al 31 novembre) si sono verificati 35 incidenti mortali in ambienti confinati, che hanno causato la morte di 56 lavoratori: ogni episodio ha portato in media alla morte di 1,6 persone. Si tratta per lo più di incidenti che avvengono in particolare all’interno di cisterne (oltre la metà dei decessi), serbatoi o vasche di deposito, dove si sprigionano spesso gas venefici. La causa del decesso, infatti, è dovuta in prevalenza alla presenza di gas asfissianti nell’ambiente confinato teatro dell’evento: il 64,3% delle morti avviene per questo motivo; mentre il 20% dei decessi avviene per caduta traumatica della vittima.

Basandoci su queste statistiche si può affermare che nel nostro Paese ogni anno si verificano mediamente più di 3 eventi di questo tipo che causano la morte di oltre 5 lavoratori.

INFORTUNI MORTALI IN AMBIENTI CONFINATI. Anni 2005-2016
Tipo di ambiente confinato N. eventi N. decessi n. decessi per evento
CISTERNE/SERBATOI 16 29 1,8
VASCHE 7 14 2,0
SILOS 6 6 1,0
CAMERE DI LAVORO 3 3 1,0
Altro (stive, condotte, canalizzazioni…) 3 4 1,3
TOTALE 35 56 1,6

 

 

 

Fonte: Franco D’Amico – Coordinatore dei servizi statistico-informativi ANMIL

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